giovedì 8 luglio 2010

Jacquerie

Tra le poche cose di cui sono sicuro, dopo che è la terra che gira attorno al sole, è che io non sono per niente capace nel fare analisi politiche. Tanto meno provare ad accostarmi a calibri del peso di Curzio Maltese.

Però ha suscitato anche in me un certo interesse il suo articolo sui giovani, uscito il 2 luglio.

Sono mesi che ci penso. I motivi che abbiamo per incazzarci sono tanti. Non serve nemmeno più sfogliare il giornale, o uscire di casa, per trovarne uno. Ci bastano i genitori che ci asfissiano sulla cronica mancanza di soldi. Il mattino presto. A colazione.

Non sono le motivazioni che scarseggiano. E neppure le capacità. Nemmeno bravi a incazzarsi ...
Perchè quando vogliamo incazzarci, sappiamo farlo per bene. Come nell'autunno del 2008: mesi di cortei spontanei, conclusi con una manifestazione nazionale (autogestita) ed un'assemblea nella Sapienza occupata, molto produttiva.

Forse produttiva non poi così tanto, visto com'è andata a finire. Ma ci siamo lo stesso trovati bene tra di noi. Peccato che non è stato sufficiente per far soppravvivere la nostra rabbia.

Quello che ci è mancato, e ci manca, è una progettualità, un'alternativa. Una via di fuga. Dalla realtà sociale in cui viviamo, e in cui ogni giorno affoghiamo.

Non che non ci abbiamo provato in quei mesi. Però non abbiamo nulla da proporre in alternativa a questa gestione della società. O se ce l'abbiamo, sono schemi ormai obsoleti, incompleti, o dallo scarso riscontro reale.
In una parola: inefficaci.

Ci manca una teoria che ci dia le chaivi per interpretare il mondo in cui viviamo, e che ci permetta di modificarlo sulla base dei nostri desideri.

Senza questo, gli atti di legittima e doverosa incazzatura, che comunque ci sono, sono destinanti a spegnersi per mancanza di prospettiva. Ribellioni senza sbocco, che magari distruggono la causa del male, ma che non mettono poi nulla al suo posto. Nulla di buono almeno.

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