venerdì 6 agosto 2010

Just fucking words, kid!

Il mio long island ice the era arrivato a metà. Io e il mio collega eravamo già in là con le consumazioni e le parole, quando sono arrivati ad aggiungersi al tavolo suo fratello ed un altro dei nostri.

Discorsi separati.

Si cercava di portare un punto a discussioni aperte da prima. Argomenti diversi, iniziati in locali differenti.

Ogni tanto buttavo l’orecchio a cosa dicevano gli altri due.

Una quinta persona si aggiungeva. Una ragazza. Un mojito in arrivo.

Un brindisi.

Alla pace.

Si brinda. Il terzo è combattuto fra il dubbio e il divertimento.

Non sarai anche comunista?

La frase non era polemica. Era una serata di relax. Non si voleva creare situazioni di attrito ideologico. Al massimo ridere sulle nostre convinzioni.

Lei ha negato.

Lui ha riso. Ha ripreso a parlare con il fratello del mio collega.

La mia ragazza era così. Poi sono riuscito a convertirla.

Era universitaria?

L’ha fatta per sei anni.

Allora si capisce. Poi quando molla, scopre il mondo reale e le cambia tutto. A Cividale sentivo alcuni ragazzini che facevano certi discorsi. Poi scoprivi che erano figli di industriali, dottori … ragazzo mio. Capisci che qualcosa non torna.

Qualcosa non tornava proprio. Ma non da quella serata. Ma da tanti anni.

Il progetto di un mondo migliore, per cui non hai bisogno di una laurea in sociologia per capirlo ed esprimerlo.

Non torna. Manca questa realtà di cambiamento e progresso che si evolve ogni giorno, e che migliora. Migliora perché a farlo sono le persone che la vivono. Senza ragionamenti sulla cadute dei saggi di profitto o teorie di fabbrica diffusa e operaio sociale. Non torna.

Quelle sono solo parole. Magari alla base del cambiamento. Però parole che non fanno vivere chi ne ha bisogno. E se servono solo a riempire la bocca a ragazzi annoiati, significa che la loro efficacia è stata smarrita da tempo.

È quando quelle parole fanno tremare i polsi a chi indossa la maglietta del “che” il sabato e quella d-squared la domenica, che qualcosa sta succedendo. Le parole che fanno sorridere il ragazzo ultimo della classe, che ha più sospensioni che voti. Che fanno vedere una via d’uscita a chi pensava di non averne.

Parole che fanno terrore a chi ha la possibilità di andare all’università, ma che sono le più belle favole per chi non è riuscito nemmeno a finire le medie.

Quelle parole. Sono le parole che ci mancano.

Le parole che sono aria da respirare e acqua da bere.

Parole che sono realtà.