venerdì 11 dicembre 2009

Un brutto giorno di metà dicembre

Sono da poco passate le tre del pomeriggio quando otto ragazzi, ritrovatisi per quattro chiacchiere e una cicca dopo scuola, si vedono arrivare due suv e altre due pattuglie dei carabinieri.

Dove stavano allora, non potevano più rimanere. E’ scattato il sequestro del centro sociale Scalo Nuovo.

Parte così l'azione di requisizione ad opera della procura di Udine, dopo il via libera del giudice di pace Luciano Andretta, del centro sociale autogestito di Via scalo nuovo, vicino alla stazione ferroviaria. Mossa fortemente voluta dalle Ferrovie dello Stato, benché loro di quell’edificio non sapevano che farsene, ben prima che un gruppo di giovani anarchici decise di promuoverlo quale loro nuova sede, nel 2006, dopo il trasloco forzato da Via Volturno.

L'allontanamento degli occupanti avviene nella più totale calma: che resistenza potrebbero mai fare otto ragazzi delle superiori davanti a una squadra di robusti uomini in scuro con manganello e pistola alla cintola?

Agli agenti spaventa però più il luogo che gli occupanti in se.

Quel luogo è stato il centro catalizzatore di molti giovani di Udine e di fuori città, che si sentivano insoddisfatti di quello che il mercato dell’intrattenimento giovanile gli offriva e gli offre tutt’ora. Giovani che non erano interessati a farsi l’aperitivo in centro, a bersi il taglio il osteria, a spendere venti euro per entrare in discoteca: o magari potevano anche essere interessati a fare ciò, ma volevano avere lo stesso qualcosa in più.

Ciò che c’era a Udine non bastava per loro, e allora hanno deciso di procuraselo da soli.

Per tre anni, per non parlare dei precedenti diciannove della vecchia occupazione, quell’edificio è stata l’alternativa al conformismo e all’omologazione consumistica.
Ragazzi di nemmeno vent’anni, talvolta con l’aiuto di amici più esperti, più spesso da soli, hanno imparato a gestire per contro proprio il loro divertimento, organizzando i concerti della musica che più gli piace, pubblicizzando a costo zero le proprie iniziative e coinvolgendo in questa gioiosa macchina autogestita altri giovani entusiasti. Un entusiasmo che spesso nasce dalla voglia di darsi da fare per costruire un’alternativa reale a una società ormai alla deriva.

Queste ragazze e questi ragazzi, al pari di tanti altri loro coetanei, vivono una crisi che molto spesso non riescono a capire, ma che purtroppo subiscono costantemente: allo Scalo Nuovo riuscivano a contenere questa crisi, riprendendosi pezzo per pezzo la loro vita.

Ma il centro sociale autogestito è stato anche altro. Ha rappresentato il punto di partenza e di evoluzione di moltissime battaglie sociali, prima fra tutte quelle contro i tagli alla scuola del governo Gelmini: è stato lì che il Movimento Studentesco si è strutturato e si è dato corpo e voce.

Ora, la volontà e la violenza di qualche questurino troppo zelante e di burosauri delle ferrovie troppo ottusi ha bloccato questo laboratorio permanente di politica e di vita. Per alcuni erano forse troppe le collettività e le singolarità che riuscivano a modellare le proprie idee.

Un porto franco di ricchezze immateriali è stato chiuso. Questo non significa che a chiudere siano anche i portatori e i diffusori di questa intangibile ricchezza.

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